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Anche Nomisma approva il CETA: “Benefici indiretti per l’agricoltura
21.07.2017

Anche Nomisma approva il CETA: “Benefici indiretti per l’agricoltura

 

CONFAGRICOLTURA A SOSTEGNO DELL’INTESA DI LIBERO SCAMBIO TRA CANADA E UE

L’accordo consentirà vantaggi significativi per tutte le imprese che producono all’interno di filiere certificate

Confagricoltura Brescia prosegue la propria battaglia in sostegno del CETA, l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada. Nei giorni scorsi, con una lettera inviata ai giornali, il presidente dell’organizzazione di via Creta, Francesco Martinoni, aveva sottolineato come “l’intesa spalanca reali e interessanti opportunità commerciali alle aziende italiane che operano nell’agroalimentare, consentendo a migliaia di produttori di latte, vino, ortofrutta, olio e altre eccellenze di riuscire, attraverso cooperative e strutture aggregate, a creare un importante valore aggiunto alle loro produzioni, proprio grazie alle vendite sul mercato canadese”. Confagricoltura Brescia invita quindi ad andare oltre il populismo facile e la demagogia, attraverso un dibattito non ideologico ma basato sui fatti.

Del resto anche Nomisma, società di studio e consulenza economica, approva il CETA, come ha spiegato in un colloquio con i vertici di Confagricoltura Brescia anche Denis Pantini, direttore di Nomisma Agroalimentare. “Il CETA – spiega Pantini – non potrà che avere ricadute positive per la riduzione e in alcuni casi la cancellazione dei dazi su prodotti esportati verso il Canada, in particolare per quanto riguarda il vino. Inoltre, l’intesa permetterà un’armonizzazione e quindi una facilitazione delle procedure doganali”. Questi fattori, continua lo studioso, “non interessano le multinazionali, che solitamente delocalizzano e producono direttamente dove vogliono vendere, mentre saranno utilissimi per le pmi, che si appoggiano agli importatori locali”.

È evidente, secondo Nomisma, che il CETA non è un accordo perfetto, perché non c’è un riconoscimento universale di tutte le DOP. “Tuttavia – continua Pantini – le 170 indicate sono quelle che effettivamente avevano bisogno di tutela, perché già presenti sul mercato canadese: non sono tutelati alcuni prodotti, ma nella grande maggioranza dei casi si tratta di produzioni che a malapena escono dai confini nazionali o regionali”. In questo contesto, le imprese del settore primario avranno certamente dei benefici indiretti. “Saranno particolarmente favorite – dice ancora Pantini – tutte quelle aziende che operano all’interno di filiere certificate, come nel caso del Grana Padano”. Nessun pericolo, invece, sul fronte sicurezza, a differenza di quanto viene ripetuto con enfasi da politici o rappresentanti sindacali. “La carne proveniente dal Canada – sottolinea il direttore di Nomisma Agroalimentare - rispetterà rigidi protocolli relativi alla sicurezza alimentare e al benessere animale, oppure non entrerà nell’Unione Europea: il CETA non modifica certo i nostri standard relativi alla salubrità dei prodotti, un tema sui cui Bruxelles è particolarmente rigida”.

Nel 2016 l’export agroalimentare italiano in Canada ha raggiunto i 767 milioni di euro (300 milioni sono relativi solo al vino), evidenziando un +6,4% rispetto all’anno precedente e un +75,3% nei confronti di dieci anni prima. Con il CETA questa cifra è destinata a crescere: per la nostra agricoltura non potranno che esserci effetti positivi.