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Direttiva Nitrati, le zone vulnerabili saranno riviste
17.07.2015

Direttiva Nitrati, le zone vulnerabili saranno riviste

Martinoni: “Una buona notizia, perché l’Ispra ha già dimostrato che l’agricoltura non è l’unica responsabile dell’inquinamento; ora ci auguriamo che la delibera regionale non trovi intoppi a Roma e Bruxelles. Tuttavia, la provincia di Brescia è minimamente interessata da questa revisione: insisteremo perché anche il nostro territorio sia compreso nella rivisitazione”.

“Apprendiamo con grande piacere la notizia della comunicazione regionale sulla rivisitazione delle zone vulnerabili, a proposito dell’applicazione della direttiva nitrati: una nuova mappatura servirà a gestire lo spandimento dei reflui da allevamento, nella speranza che emergano le vere responsabilità dell’inquinamento”. Questo il commento di Francesco Martinoni, presidente di Confagricoltura Brescia, dopo che la giunta regionale ha predisposto una nuova mappa relativa alle aree sensibili ai nitrati.

Martinoni ricorda che uno studio del 2014 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) aveva rivelato che, nelle regioni del nord Italia, l’impatto dei nitrati di natura zootecnica non interessa più del 10% delle superfici. L’Ispra aveva quindi fortemente ridimensionato il contributo della zootecnia alla contaminazione delle acque. Secondo lo studio, la presenza dei nitrati nelle falde acquifere e nelle acque superficiali dipenderebbe da fonti multiple, un mix di settore civile, industriale, fanghi di depurazione e agricoltura, ma con un’incidenza dell’allevamento mai superiore ad un terzo dell’inquinamento totale accertato nelle regioni ad alta vocazione zootecnica.

Martinoni però si dimostra cauto: “L’iter di approvazione della nuova mappatura delle zone vulnerabili sarà molto lungo e soggetto a mediazioni politiche con il ministero dell’Ambiente e con Bruxelles e perciò resteremo vigili affinché nelle sedi opportune vengano superati gli intoppi burocratici”.

Nella nostra provincia la zootecnia vale 1,2 miliardi di euro l’anno (con 165 mila vacche da latte, 55 mila vacche da carne, 176 mila vitelli da carne bianca, 1 milione e 300 mila suini, 42 milioni di polli, 3 milioni di galline ovaiole e 3 milioni di tacchini) e, proprio per la centralità di questo settore, il presidente Francesco Martinoni vuole maggiore chiarezza: “Analizzando l’attuale comunicazione della Regione emerge con dispiacere che il territorio della pianura bresciana è minimamente interessato da questa revisione. Saremmo comunque soddisfatti se in Lombardia le zone vulnerabili fossero rimappate, ma – conclude il presidente di Confagricoltura Brescia – insisteremo con gli organi politici competenti per vedere riconosciuta anche alla nostra provincia un’adeguata riqualificazione delle zone vulnerabili”.