Influenza aviaria, Confagricoltura Brescia in pressing per chiedere un intervento di Regione e governo
A BRESCIA NESSUN CASO RILEVATO MA PESANTI DANNI INDIRETTI
Influenza aviaria, Confagricoltura Brescia in pressing
per chiedere un intervento di Regione e governo
Il direttore Gabriele Trebeschi: “La rilevazione di un focolaio impone la creazione di una zona di protezione con pesanti ricadute anche sugli allevamenti in cui non sono stati riscontrati casi della malattia: è necessario individuare uno specifico sostegno in favore degli allevatori colpiti dal fermo obbligatorio”
In Veneto è di nuovo emergenza: nel corso del 2017 sono stati individuati 16 focolai di influenza aviaria e sono stati realizzati 18 abbattimenti preventivi, con l’eliminazione di 254mila capi avicoli, in particolar modo nel Veronese. In Lombardia, il virus è stato scoperto in provincia di Bergamo, di Mantova e, pochi giorni fa, anche nel Lodigiano, con l’abbattimento di 24mila fagiani e pernici a Zelo Buon Persico.
Il ceppo riscontrato in questi allevamenti – del sottotipo H5N8 – non è pericoloso per l’uomo, ma è estremamente dannoso per gli animali; circola in Europa dalla fine del 2016 e complessivamente, dall’inizio dell’anno, sono stati già 31 i casi riscontrati in Italia. Non siamo ai livelli degli anni 1999-2000, quando gli abbattimenti furono milioni e l’epidemia divenne drammatica, ma la situazione allarma comunque le autorità sanitarie.
Fino ad oggi, il virus non è stato trovato negli allevamenti della provincia di Brescia. Tuttavia, alcune aziende che confinano con il Mantovano hanno già subito i danni indiretti derivanti dalla creazione obbligatoria della “zona di protezione”. Un caso di aviaria è stato infatti rilevato a Castel Goffredo (Mantova).
“La rilevazione di un focolaio di epidemia – spiega Gabriele Trebeschi, direttore di Confagricoltura Brescia – impone, ai sensi della normativa comunitaria, l’abbattimento di tutti gli animali dell’allevamento e la creazione di una zona di protezione di 3 km di diametro dal focolaio, e una zona di sorveglianza di diametro di 10 km. In queste zone – prosegue Trebeschi – oltre ad essere vietato il cosiddetto accasamento, ossia la reintroduzione di animali in allevamento, sono previsti anche limiti diversificati alla movimentazione dei capi, anche ai fini della macellazione. Il divieto di accasamento – sottolinea ancora il direttore dell’organizzazione di via Creta – dura fino a 30 giorni dall’estinzione del focolaio e, pertanto, gli agricoltori subiscono danni indiretti molto pesanti dovuti alla mancata possibilità di allevare gli animali”.
Per questo motivo, sia per le aziende già colpite da questi danni, sia a scopo preventivo, Confagricoltura Brescia ha chiesto, attraverso l’organizzazione regionale e quella nazionale, uno specifico sostegno in favore degli allevatori colpiti dal fermo obbligatorio e dai collegati divieti di movimentazione e di accasamento.
“In Veneto – dice ancora Trebeschi – la Regione è pronta a fare la sua parte. Ci auguriamo – ha continuato – che anche la Lombardia e il governo prendano atto della situazione e intervengano per sostenere un comparto spesso messo di crisi da provvedimenti di emergenza che colpiscono anche chi è indenne da patologie. Peraltro – conclude il direttore di Confagricoltura Brescia - la diffusione del virus potrebbe avere un impatto negativo sull’offerta, sulla commercializzazione e sul consumo finale”.
Nel Bresciano il settore avicolo rappresenta una parte consistente dell’intero fatturato dell’agricoltura: su una produzione lorda vendibile annua di 1,37 miliardi di euro, l’avicoltura vale infatti circa 250 milioni. I continui scandali di questi mesi rischiano, tuttavia, di portare ad un’ulteriore contrazione delle vendite e a un calo dei prezzi, generando una crisi del comparto.