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Martinoni: "Il latte? E' latte, punto".
15.06.2017

Martinoni: "Il latte? E' latte, punto".

Il latte è latte. Punto.

di Francesco Martinoni

 

Nei giorni scorsi, la Corte di Giustizia europea ha emesso una sentenza che consente di usare la denominazione latte soltanto per i prodotti di origine animale e non per i surrogati vegetali come la soia o il riso. Finalmente arriva dagli organismi comunitari una buona notizia a tutela dei produttori.

Per troppo tempo infatti, anche se in Italia la normativa era già più stringente, abbiamo assistito all’inganno di leggere sulle etichette “latte di soia” oppure “burro di tofu”. Con un paradosso: da un lato si demonizza il termine “latte”, quasi indicasse un prodotto da mettere al bando; dall’altro lato, invece, si usa questa parola per vendere prodotti che con il latte non hanno nulla a che fare. Questo significa ingannare i consumatori e creare un grave danno ai produttori.

Fino a questo momento è stata quindi tollerata una falsa comunicazione. L’Unione europea ha messo finalmente chiarezza: il latte è latte. Punto. Inutile girarci intorno: si tratta di un prodotto di origine animale che ha elevate proprietà nutrizionali e che, secondo quanto evidenziato dalla ricerca scientifica, riveste un ruolo fondamentale nell’alimentazione.

Purtroppo, le mode di questi ultimi tempi, unite alle false informazioni rilanciate spesso senza un’adeguata analisi critica, hanno portato a un crollo dei consumi di latte alimentare, sostituito spesso da bevande di origine vegetale realizzate attraverso processi industriali.

Le vendite di prodotti vegetali sostitutivi del latte hanno raggiunto nel 2016 i 168 milioni nella grande distribuzione, senza contare le farmacie e i negozi specializzati: si stima quindi che i consumi siano stati pari a circa 250 milioni.

Si tratta di vendite che vengono effettuate grazie a una pubblicità ingannevole sia nel metodo (perché viene usata in modo del tutto scorretto la parola latte) che nel merito (perché è tutta da dimostrare la maggiore salubrità di questi prodotti rispetto a quella del vero latte).

Ora ci auguriamo che, grazie a questa sentenza europea, possa esserci un cambiamento in favore di un’informazione più corretta e aderente alla realtà. Non leggeremo più “veggie-cheese” o “yogurt vegetale”.

Tuttavia, quello del latte e dei prodotti derivati è solo il primo passo. Sugli scaffali di numerosi paesi europei, infatti, si legge ancora “bresaola vegan” oppure “salame vegano”. Molto diffuso è anche l’”hamburger di soia”. Si tratta di denominazioni che, per quanto in parte entrate nell’uso comune, sono in realtà anch’esse ingannevoli e sulle quali bisognerebbe intervenire.

Non si tratta solo di una battaglia comunicativa. Siamo convinti infatti che il nostro latte sia di alta qualità e abbia un elevato valore nutrizionale: per questo intendiamo difenderlo e promuoverlo, evitando sia che sia accusato ingiustamente sia che il nome venga utilizzato da altri per fare affari ingannando l’acquirente.