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Una sentenza della Corte UE condanna l'Italia sul no agli ogm
15.09.2017

Una sentenza della Corte UE condanna l'Italia sul no agli ogm

UNA SENTENZA DELLA CORTE UE CONDANNA L’ITALIA SUL NO AGLI OGM

Solo aprendosi alla ricerca e all’innovazione l’agricoltura italiana può competere nel mercato globale

Il vicepresidente di Confagricoltura Brescia e Lombardia Giovanni Garbelli: “I dati dimostrano che proprio le politiche oscurantiste di questi anni hanno causato gravi danni economici ed ambientali: non si tratta di fare battaglie ideologiche, ma di mettere gli imprenditori nelle condizioni di scegliere”

 

 

C’è un giudice in Lussemburgo!

Con una chiara sentenza emessa mercoledì scorso, la Corte di giustizia europea – che ha sede nel piccolo paese tra Francia, Belgio e Germania - ha stabilito che, qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa comportare un grave rischio per la salute umana, per gli animali o per l’ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione, come fatto dall’Italia nel 2013.

 

La sentenza riguarda il caso di Giorgio Fidenato, agricoltore friulano penalmente perseguito nel nostro paese perché nel 2014 piantò mais ogm autorizzato dall’Ue nonostante un decreto italiano del 2013 ne vietasse la coltivazione. 

Quel decreto, secondo la Corte europea, non era legittimo perché il principio di precauzione deve basarsi sulla certezza dell’esistenza del rischio.

Il pronunciamento della Corte purtroppo non cambia nulla a livello sostanziale, perché una direttiva europea approvata nel 2015 prevede che i singoli Stati possano vietare la semina di ogm anche se autorizzati a livello Ue. E l’Italia naturalmente è tra i 17 Paesi che hanno scelto questa possibilità.

 

“Questa sentenza è comunque estremamente importante – spiega Giovanni Garbelli, vicepresidente di Confagricoltura Brescia e Lombardia – poiché per anni è stato applicato il principio di precauzione agli organismi geneticamente modificati per impedirne la semina, mentre sarebbe stato molto più utile applicare tale principio ai prodotti importati”.

 

Secondo un’analisi dell’Associazione maiscoltori italiani, ogni anno in Italia sulla coltura del mais vengono utilizzati 500 milioni di metri cubi d’acqua, 90.000 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia, 450 tonnellate di agrofarmaci e 80.000 tonnellate di concimi in più di quanto sarebbe necessario per terreni seminati con mais ogm. Inoltre, il prodotto geneticamente migliorato potrebbe assorbire 2,6 milioni di tonnellate di CO2 in più dall’atmosfera e asportare una maggiore quantità di azoto con il raccolto.

 

“Il no gli Ogm – continua Garbelli – nella nostra provincia ha causato danni economici e ambientali enormi: anche quest’anno la forte siccità estiva e l’abbassamento repentino delle temperature di questi giorni hanno portato per il seme di mais livelli di fumolisina e aflatosine tali da non poter garantire la fornitura agli allevamenti di bovini da latte e, mentre le nostre aziende sono in difficoltà, nei primi sei mesi di quest’anno abbiamo registrato un nuovo record di importazione di cereali da vari paesi del modo”.

 

Il vicepresidente dell’organizzazione di via Creta spiega come “qui non si tratta di fare battaglie ideologiche. Il problema – continua – non può essere ridotto allo sterile dibattito tra favorevoli e contrari agli ogm: l’obiettivo deve essere solo quello di mettere le aziende nelle condizioni di competere in un mercato globale, garantendo reddito per le imprese e prodotti sani e di qualità per i consumatori”.

 

Secondo Confagricoltura nazionale, infatti, “il nodo continua a rimanere quello della centralità della ricerca, che va incoraggiata e sostenuta con forza per dare risposte precise ad operatori e cittadini. L’Italia che coltiviamo – aggiunge l’organizzazione nazionale - è quella che punta ad un modello di agricoltura in cui l’impresa ha lo sguardo rivolto al mondo, è competitiva a livello globale: alla nostra agricoltura serve crescere con strumenti innovativi e sicuri, che la rendano sostenibile e che tutelino le produzioni anche da parassiti e fitopatie, che proprio a livello globale si diffondono maggiormente”.

 

“Solo con la ricerca e l’innovazione – conclude Giovanni Garbelli – possiamo costruire un’agricoltura realmente moderna: la sentenza europea ci dice che gli imprenditori agricoli italiani sono stati e continuano ad essere vittime di politiche oscurantiste che non sono basate su evidenze scientifiche”.