

L’uso di pesticidi è una pratica solo moderna?
L’uso di pesticidi è una pratica solo moderna?
di ALBERTO GUIDORZI
Molta dell’opinione pubblica lo crede, anzi se dici loro che era peggio un tempo che non adesso non ti credono, eppure è proprio così. L’uomo agricoltore ha convissuto da sempre con i parassiti dei suoi raccolti ed ha quindi sempre cercato di difendersi. Infatti il prefisso “pest” significa in inglese proprio pianta o animale dannoso e non ha nessuna attinenza con la “peste”.
Possiamo a supporto citare una delle 7 piaghe bibliche d’Egitto, consistita in una invasione di cavallette. Perché non ricordare la zizzania evangelica come erba infestante? I testi antichi di agricoltura poi citano come sostanze pesticide le ceneri, le decozioni di elleboro e giusquiamo (più venefiche dei neonicotinoidi attuali). Il sale marino è un diserbante storico, esso fu usato dai Romani sul suolo di Cartagine affinché non crescesse più nulla (eppure il sale marino è più tossico del tanto demonizzato gliphosate). Le ruggini del grano sono da sempre state un flagello, non per nulla i romani si erano dotati di un dio da invocare contro di esse (Robigus) ed una festa in suo onore (le Robigalia). Di queste credenze e pratiche non vi è da meravigliarsi perché fino a non molto tempo fa le Rogazioni cristiane avevano questo scopo e avevano conservato la stessa data delle Robigalia. La carie del frumento ha da sempre falcidiato le semine e quando si seminava 1 per raccogliere solo 3/5 volte il seminato, significava privarsi di nutrimento. Occorse arrivare fino a metà del 1700 per intuire che era una malattia trasmissibile per seme e cominciare a conciare le sementi prima della semina. Si provò con calce, salnitro e sale marino, per poi passare intorno al 1800 a soluzioni rameiche, poi si passò anche ai sali dell’arsenico (l’arsenico è sicuramente cancerogeno), sali di cobalto, acido fenico e sali di mercurio (nel 1971 in Irak si intossicarono 6500 persone circa e ben 459 morirono per avere fatto il pane con frumento ricevuto in dono come semente trattata con metilmercurio). La ricerca di prodotti efficaci per concia delle sementi per salvaguardare i seminativi dai parassiti è una pratica antichissima dunque, mentre oggi è accolta, da un’opinione pubblica che purtroppo ha troncato ogni rapporto con le problematiche della produzione agricola e quindi la classifica come una pratica anti-ecologica suggerita da famigerate società multinazionali. Se in Irak avessero fatto il pane con delle sementi di grano conciate con i neonicotinoidi (improvvidamente proibiti) nessuno sarebbe morto. Con l’apertura nel XIX sec. di commerci sistematici a livello continentale assistemmo a reciproci “regali” di parassiti e malattie delle piante coltivate: il Nuovo Mondo ci regalò: l’oidio, la peronospora (vite, patata e pomodoro), la fillossera e la dorifora, mentre noi contraccambiammo con il verme delle mele e la piralide del mais. Poi vi furono le triangolazioni: la Cina “esportò” la cocciniglia a San José in California e questa poi ad inizio del secolo scorso la “regalò” a noi.
L’avvento in Europa di queste malattie ha lasciato indelebili ricordi storici di conseguenze catastrofiche sia da un punto di vista sociale (fame e emigrazione irlandese a causa della peronospora della patata) e economico (distruzione della viticoltura in varie parti dell’Europa e conseguenti emigrazioni di viticoltori).
Iniziò la ricerca spasmodica di cure efficaci e possiamo far risalire a quest’epoca l’avvento della chimica di sintesi in agricoltura in quanto se anche le sostanze esistevano in natura, i bisogni erano tali per cui occorreva ricorrere alle leggi della chimica per fabbricarle (altroché che i pesticidi di sintesi sono un fatto moderno). Già si conosceva l’azione del rame, dello zolfo, dell’arsenico, del piretro e della nicotina, ma vuoi per dotare di preparati di più facile uso ed efficacia, vuoi per la mancanza di strumentazioni idonee di spargimento si optò per la sintesi chimica dei prodotti. Inutile rammentare qui le intossicazioni gravi e spesso mortali da arsenico e da nicotina per manipolazione impropria. Ricordo anche che si trattava di pesticidi usati sulla frutta ed a quel tempo il pelare la frutta era considerato uno spreco. Ricordo anche che il primo diserbo del frumento fu l’acido solforico, usato, tra l’altro, in migliaia di tonnellate.
Per terminare vorrei che si riflettesse sull’evoluzione della fitofarmacia in fatto di tossicità che è avvenuta negli ultimi 30/40 anni, nessuna delle sostanze citate in precedenza è più autorizzata in agricoltura. Se prendiamo ad esempio la vite in California tra il 1990 ed il 2010 e valutiamo la variazione nell’uso dei pesticidi in fatto di tossicità per l’uomo, notiamo che i prodotti di 1ª categoria (la più tossica) è passata da un 5% a qualche 0,…%, i pesticidi di 2ª sono precipitati da un 50% d’uso a solo un 5%, i prodotti di 3ª sono rimasti stabili, mentre quelli di 4ª categoria (praticamente innocui per l’uomo) sono aumentati di un 40%.
Se poi osserviamo le attrezzature di irrorazione la rivoluzione è stata epocale.
Vorrei concludere con un invito pressante: è tempo che gli agricoltori si oppongano all’agribashing, ossia alla denigrazione sistematica dei modi e maniere del loro coltivare che impera su stampa e media. Uno dei modi di farlo è proprio quello di informare sull’evoluzione circa l’uso professionale dei fitofarmaci, e non permettere che passi unicamente il messaggio che solo in biologico si usano fitofarmaci naturali (che come abbiamo visto non sono per nulla anodini) o addirittura non si usino del tutto. Quando invece ben sappiamo le ambasce che vivono i produttori di biologico di fronte ad annate in cui l’inoculo parassitario è particolarmente virulento. E’ ora che si sappia che i raccolti devono essere protetti altrimenti ne va della economicità del mestiere di produttore agricolo e che inoltre lo si può fare senz’altro salvaguardando la salute del consumatore: chi lo attesta è l’EFSA creato dall’UE allo scopo. Essa ci assicura che l’allarme sui residui dei fitofarmaci negli alimenti e solo un’iniziativa di “mercanti di paura” e la cosa è confermata dal tossicologo Bruce Ames che riporta che un consumatore americano ingerisce con l’alimentazione 1,5 grammi/giorno di pesticidi naturali prodotti naturalmente dalle piante a scopo di autodifesa, contro gli 0,09 mg/giorno di pesticidi di sintesi distribuiti dagli agricoltori. Detto in altri termini, il 99,99% dei pesticidi che si ingeriscono sono di origine naturale.