L’ITALIA IMPORTA ORA IL 53% DEL FABBISOGNO NAZIONALE
Mais, prosegue anche nel 2018 l’abbandono della coltura a Brescia Garbelli: “Indispensabile delineare subito un piano maidicolo nazionale”
Il vicepresidente di Confagricoltura Brescia e Confagricoltura Lombardia: “È pronto un documento per il prossimo Ministro delle politiche agricole: abbiamo bisogno del supporto delle istituzioni per colmare il gap con il resto del mondo sul piano delle tecnologie genetiche”
Un iter di incontri iniziato lo scorso giugno sta arrivando oggi ad una conclusione. I tanti problemi che il settore maidicolo sta affrontando negli ultimi anni portano sempre più agricoltori ad abbandonare questa coltura che nel 2018 vede un ulteriore calo dell’1,7% dei terreni coltivati a mais, con gravi danni per l’economia agricola italiana che, da autosufficiente, è diventata in poco tempo una delle principali importatrici, dovendo dipendere dall’estero per il 53% del fabbisogno nazionale.
Consapevoli dell’importanza che il mais ha per tutto il settore agroalimentare italiano, Confagricoltura ed Associazione maiscoltori italiani (Ami) si sono attivate per far predisporre un piano maidicolo nazionale e, dallo scorso 28 giugno, l’intera filiera tra produttori, consumatori, ricercatori, associazioni agricole e rappresentanti delle Regioni, si è unita per redigere un documento utile al rilancio di questa coltura.
Come spiega il presidente dell’Ami, Cesare Soldi, “ad oggi non esiste ancora un piano maidicolo nazionale ma le tante richieste derivanti non solo da parte dei produttori ma da tutta la filiera ci hanno portato a presentare lo scorso 15 marzo il Documento Criticità Mais davanti al direttore generale del Ministero delle Politiche agricole Felice Assenza. In questo testo – prosegue Soldi – sono indicate le criticità del settore e i possibili rimedi a sostegno del lavoro degli agricoltori italiani che necessitano oggi di più investimenti in quelle tecniche ed innovazioni che possono garantire una coltivazione proficua ed una rapida risoluzione alle problematiche come lo stress idrico, nonché una migliore tracciabilità del mais per valorizzare la qualità delle nostre Dop”.
Il direttore del Ministero ha poi tempestivamente redatto un documento al quale la filiera è stata invitata ad apportare modifiche o aggiunte entro il 6 aprile scorso. Ad oggi il lavoro è ormai ultimato, pronto per essere inviato al futuro Ministro delle Politiche agricole, con la consapevolezza che un settore di così grande importanza non può continuare a vivere in uno stato di profonda crisi in cui il deficit economico per le importazioni ammonta a 1,2 miliardi di euro, cioè un terzo del valore alla produzione delle Dop e Igp di origine zootecnica.
“La nostra organizzazione – dice Giovanni Garbelli, vicepresidente di Confagricoltura Brescia e Lombardia – promuove decisamente questa azione perché riteniamo il mais fondamentale per il nostro territorio: la pianura bresciana è la più vocata d’Italia e una delle migliori d’Europa nella semina di questa coltura ma siamo penalizzati dai continui cambiamenti climatici e dall’assenza di tecnologie adatte per coltivare al meglio. Stiamo lavorando – prosegue – per implementare con il mondo universitario e con i vari stakeholder del settore l’Agricoltura 4.0: l’obiettivo è capire in che modo le nuove tecnologie possono abbassare i costi di produzione e aumentare le rese. Nonostante i nostri progressi, ci mancano le tecnologie genetiche che il resto del mondo possiede e utilizza: se vogliamo colmare questo gap serve il supporto delle istituzioni affinché sia delineato, così come per il grano duro, un piano maidicolo nazionale. Se questo non avverrà in tempi brevi – conclude Giovanni Garbelli – non riusciremo ad invertire il trend negativo”.