Glifosate e posti di lavoro: quando le battaglie ideologiche diventano grottesche
di Francesco Martinoni, presidente Confagricoltura Brescia
Domenica 29 aprile un quotidiano locale ha riportato la seguente notizia: secondo Coldiretti, il “no al glifosate” potrebbe generare in Italia 20.000 nuovi posti di lavoro.
Spiace davvero constatare, per l’ennesima volta, che alcune organizzazioni di categoria si ostinano a diffondere numeri privi di un’adeguata verifica scientifica e che tali stime sono riportate dagli organi di informazione senza alcun tipo di analisi critica.
Dobbiamo essere molto chiari: la notizia che è stata pubblicata non è suffragata da nessun supporto scientifico, è una dimostrazione di come alcune battaglie puramente ideologiche diventino grottesche.
Ma facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi, il direttore degli acquisti di Barilla, Emilio Ferrari, ha annunciato che l’azienda italiana ha intenzione di tagliare del 35% le importazioni di grano canadese, per andare incontro alle preoccupazioni dei consumatori relative all’uso del glifosate in Canada. Nell’annunciare questa decisione, lo stesso Ferrari ha ammesso che si tratta di una misura irrazionale, presa solo perché “è difficile cambiare l’opinione pubblica anche se le convinzioni non sono supportate dalla scienza”.
Una pubblicazione dell’Efsa (European Food Safety Authority) evidenzia infatti come non sia vero che il grano canadese, utilizzato per la produzione della pasta italiana, possa generare dei problemi per la salute umana.
Non lo diciamo noi, lo dicono con chiarezza i ricercatori. Basta fare un minimo sforzo di ricerca e di approfondimento.
L’Efsa, infatti, afferma, sulla base della sperimentazione e non della teoria, che il fitofarmaco glifosate è dannoso per la salute dell’uomo solo se la quantità supera i 10 mg per chilo di prodotto e se ne viene ingerito 0,5 mg per chilo di peso al giorno. Nella pasta italiana, secondo analisi indipendenti riportate dalla trasmissione televisiva Report, è stato trovato un massimo di 0,3 mg per chilo: siamo quindi ben lontani dalla soglia limite. Inoltre, per risentirne un uomo dovrebbe mangiare tra i 100 e i 600 chili di pasta al giorno. È del tutto evidente che si tratta di una montatura.
I dati citati sono disponibili sul sito efsa.europa.eu e sono stati ampiamente ripresi e commentati da illustri ricercatori come la professoressa Elena Cattaneo, senatrice a vita (si veda in proposito la lettera della senatrice al quotidiano Repubblica dell’1 dicembre 2017).
Non siamo certo qui a difendere il grano canadese, ma siamo stanchi di vedere che delle palesi falsità siano spacciate per verità senza che nessuno si curi di verificarle.
Viene sostenuto da Coldiretti – e ancora una volta riportato senza critica alcuna dagli organi di informazione – che, se altre aziende facessero come Barilla, spunterebbero magicamente 20.000 nuovi posti di lavoro nel nostro Paese. Ma come? In quale modo? Facendo cosa?
Nessuno si è preoccupato di dare una risposta a questi interrogativi, però è stata diffusa l’idea che il “no al glifosate”, oltre a fare bene alla salute, genererà anche nuovi posti di lavoro. Una falsità spacciata per verità, anche in questo caso senza che nessuno lo faccia notare.
Possiamo invece dire che è vero il contrario: se dovessimo eliminare questo fitofarmaco dalle nostre campagne, dove comunque ne viene fatto un uso ben diverso rispetto a quanto avviene in Canada, la redditività dei terreni precipiterebbe e con essa anche l’occupazione in agricoltura.
Non ci stancheremo mai, come Confagricoltura, di prendere posizione anche urtando una sensibilità oggi di moda ma fondata solo sulla paura.
Come lettori, ci piacerebbe che su questi temi fossero realizzate reali inchieste anziché leggere sempre numeri e stime inventati e privi di fondamento senza che vengano mai messe in discussione oppure senza che venga minata, in vista di pubblicazioni future, la credibilità della fonte.